La crisi globale dell’automotive, più tedesca che italiana, dovrebbe indurci a riflessioni di fondo sul futuro delle quattro ruote, ma soprattutto, direi, sulla mobilità delle merci e sulle nuove fonti energetiche di cui abbiamo bisogno oggi. Anche la Cina, ormai, non può più ignorare le sfide climatiche.
Parlare di automotive significa parlare di industria. Quindi, calma: dalla Cina all’area del Mediterraneo, ci troviamo di fronte a problemi epocali ben più rilevanti dell’inquinamento da fonti fossili. Dobbiamo recuperare e rilanciare numerosi settori industriali (non solo quello automobilistico) per rimanere competitivi su scala globale. È la sfida che la Storia ci assegna, e il rischio di un declino irreversibile delle nostre società è concreto se non la affrontiamo.
Il Sud Italia, come tutto l’Occidente, si trova davanti a questa sfida. Più o meno, dico io: dobbiamo seguire l’esempio di Draghi, tornando a investire miliardi di euro, soprattutto nella ricerca e sviluppo. Non arrendiamoci così presto! Basta piangere su Pomigliano, Melfi o Termoli: coraggio! È durissima, ma ce la possiamo fare.
Nell’economia dell’idrogeno possiamo fare tanto. E, per favore, smettiamola di fissarci solo sulle quattro ruote! Anche navi e aerei, tra qualche anno, non andranno più a kerosene. Oppure?